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mh 370

MH370: il volo scomparso nel nulla da 10 anni, tra mille teorie del complotto

Immagina che qualcuno a cui tieni (un genitore, un fratello o una sorella, un amico) sparisca nel nulla dopo avere preso un volo. Vi scambiate un paio di messaggi la sera, quando stai per metterti a letto a letto, e gli auguri buon viaggio.

Il giorno dopo ti alzi e scopri che il volo su cui si trovava papà, mamma, tuo fratello, tua sorella, un tuo amico, è sparito nel nulla. Nessuno sa dove sia.

E prova a immaginare che passino 10 anni, 10 lunghissimi anni, senza nessuna reale notizia. Niente aereo, niente corpi, niente verità.

La storia del volo malesiano scomparso, la cui sigla MH370 è ormai diventata parte della cultura popolare, è finora uno dei più grandi misteri dell’aviazione.

L’8 marzo 2014, un Boeing della Malaysia Airlines scompare nel nulla, in piena notte, tra lo spazio aereo della Malesia e quello del Vietnam. E con il velivolo spariscono le 239 persone, tra passeggeri e membri dell’equipaggio, che si trovavano a bordo.

Seguo questo caso dal primo giorno: e infatti questo articolo è stato aggiornato decine e decine di volte. In occasione dell'8 marzo 2024, celebro il decimo anniversario della scomparsa del volo MH370 riportando le parole del report australiano che ha messo fine, nel 2017, alla prima, lunghissima fase delle ricerche:

“Non è immaginabile né accettabile nell’era moderna che un aereo commerciale sia sparito nel nulla e che il mondo non sappia con certezza che cosa ne è stato del velivolo e dei passeggeri”.

Non, non lo è. Ed è per questo che raccontiamo questa storia da capo, ogni volta, ogni anno. E quindi in questo lungo articolo trovate una sintesi di ciò che può aiutarci a capire che cosa è veramente accaduto, dai fatti certi alle teorie del complotto.

Volo MH370: cosa è successo

L'8 marzo 2014, alle ore 01:21, il volo Malaysia Airlines 370 diretto da Kuala Lumpur a Pechino scompare dai radar meno di un'ora dopo il decollo. Si tratta di un normalissimo volo di linea. Un tragitto notturno, di quelli in cui le luci vengono spente alla svelta per permettere ai passeggeri di provare a dormire. E svegliarsi a destinazione quando è già mattina.

I minuti prima della scomparsa sono le uniche parti certe di questa storia. E le tra le poche certezze ci sono i dati di volo: ecco una ricostruzione di quello che è sicuramente accaduto su quell'aereo. Con una mappa per aiutarci a visualizzare il tragitto e le ipotesi.

volo mh370 scomparsa

Fonte: ATSB (Air Transportation Stabilization Board) su dati forniti dal Ministero dei Trasporti della Malesia

08 marzo 2014
ore 00:41 (fuso orario di Kuala Lumpur)

Il volo MH370, un Boeing 777, decolla da Kuala Lumpur in direzione Pechino, dove l’atterraggio è previsto per le 6:30. È il classico volo notturno: luci soffuse, passeggeri che cercano di dormire, colazione servita poco prima di iniziare la discesa. 

Ore 01:01

Una ventina di minuti dopo il decollo, l’aereo raggiunge la quota di crociera, poco sopra i 10.000 metri. La velocità al suolo è di 870 chilometri orari.

Ore 01:19

Tramite il sistema Acars, i piloti inviano al controllo del traffico aereo malese il messaggio “Tutto bene, buona notte”. È l'ultima comunicazione certa che arriva dall'aereo.

Ore 01:21

L'aereo arriva al punto geogafico in cui il controllo del traffico aereo passa dalla responsabilità malese a quella vietnamita. C'è uno piccolo spazio "di mezzo", una terra di nessuno in cui i malesi non sono più responsabili del volo e i vietnamiti non l'hanno ancora preso in carico. Ed è esattamente in questo punto che il transborder di bordo smette di inviare segnali. Le ragioni sono ignote: guasto o intervento manuale e volontario di qualcuno in cabina?

Le certezze su quello che è avvenuto a bordo finiscono qui.

Ci sono due gruppi di teorie principali:

  1. l’aereo fa un’inversione a U verso la Malesia e scompare dai radar civili: come vedremo, ci sono dati provenienti da fonti militari che sembrano confermare questa teoria;
  2. l'aereo è caduto in questo punto e le diverse teoria divergono sulla causa: un guasto, il gesto volontario di qualcuno ai comandi oppure l'aereo è stato abbattuto.

Ore 02:15

Sempre secondo le fonti governative, i radar militari rilevano una traccia, dei segnali. Non si tratta dei segnali che l'aereo invia attivamente ai sistemi di navigazione, ma dei classici "bip" visualizzati dai radar. Il radar vede un aereo, ma non sa dire quale aereo sia: per saperlo servirebbero i dati provenienti dai sistemi di bordo, che però sono stati staccati un'ora prima.

Viene rilevato un aereo diretto verso le Isole Andamane (appartenenti all’India), in direzione nord ovest. Nella mappa, è il percorso tratteggiato in giallo e in rosa. L’aereo si trova vicino a Pulau Perak, nello stretto di Malacca.

Se si trattasse del volo MH370, allora si troverebbe su una direzione di volo non utile né per andare a Pechino né per rientrare a Kuala Lumpur per una eventuale emergenza: dove starebbe andando l’aereo e perché?

Ore 08:11

Sì, avete letto bene. Sono passate sei ore dal segnale radar rilevato verso le Andamane. Dopo sei lunghe ore di silenzio, viene ricevuto un ultimo "segnale automatico" da un sistema satellitare. Si tratta di un sistema di rilevamento satellitare automatico, la cui funzione non è identificare la posizione degli aerei. Ma quel dato consente di triangolare la distanza dell'aereo dal satellite che lo ha ricevuto.

Il dato sulla distanza è fondamentale: permette infatti di tracciare sulla mappa del mondo un arco perfetto, che indica tutte le possibili posizioni del volo MH 370 in quel momento. Se il dato ricevuto dal satellite è corretto (e le fonti ufficiali dicono di sì), allora l'aereo si è inabissato vicino a uno di quei punti.

Diciamo inabissato perché dopo tutte quelle ore di volo, il carburante era esaurito. E se l'aereo fosse caduto su una qualunque terra emersa, in questi 10 anni l'avremmo trovato. E invece, lo vedremo tra poco, per ora abbiamo rinvenuto solo alcuni pezzi. Arrivati su molte spiagge dell'Oceano Indiano, danneggiati dall'acqua marina.

Altre cose che sappiamo

Sappiamo per certo che le condizioni meteo, quella sera, erano buone. 

I dati satellitari e radar ci dicono poi che l'aereo avrebbe più volte cambiato altitudine. Dai 35.000 piedi (circa 10.600 metri) dei minuti subito precedenti la sua scomparsa, sarebbe prima salito a 45.000 e poi sceso a 23.000. L’ipotesi più accreditata per questo comportamento è che chi pilotava l’aereo volesse sfuggire alle torri di controllo. 

Attenzione, però: molte di queste informazioni sono emerse nel corso delle ricerche. Nei giorni immediatamente seguenti la scomparsa, quello del MH370 sembrava solo l'ennesimo, tragico incidente aereo. Anche se subito si percepiva che qualcosa, questa volta, usciva decisamente dalla normalità.

Un aereo introvabile

Quando un aereo scompare, il settore dell'aviazione segue una prassi assolutamente logica. Cercare l'aereo vicino al punto in cui è scomparso. E così è stato fatto anche nel caso del volo malese.

Nelle prime ore, si sono cercati segni di una caduta in mare nel Golfo del Siam. Questo tratto di mare ha un fondale relativamente basso e si trova nel mezzo di moltissimi Paesi. Decine di mezzi si sono messi alla ricerca di rottami e di eventuali sopravvissuti.

Inizialmente, alcune immagini scattate da velivoli hanno segnalato dei rottami e una macchia di carburante. In seguito, si scoprirà che il rottame non era un pezzo di un aereo e che la macchia di carburante proveniva da una nave. 

Il 10 marzo si diffondono le prime voci su un possibile dirottamento: due dei passeggeri, infatti, viaggiavano con dei passaporti rubati e falsificati. Un passaporto apparteneva a un cittadino italiano, l'altro a un austriaco: entrambi sono stati utilizzati da cittadini iraniani. Approfondiremo in seguito questa pista.

Il 15 marzo, dopo ben una settimana dalla scomparsa, le autorità malesi confermano le voci: i radar militari hanno captato un aereo che andava verso le Isole Andamane. La ricerca del volo nel Golfo del Siam è inutile. L'annuncio crea stupore e scandalo, soprattutto tra i parenti dei passeggeri scomparsi, che si chiedono (come tutti noi) per quale ragione il Governo malese ha omesso informazioni così importanti per una lunghissima settimana. 

Il documentario di Netflix sul MH370

Prima di entrare nel dettaglio delle teorie sulla scomparsa del volo malese, va ricordato il documentario di Netflix su questa storia. Non è l’unica volta che qualcuno ha provato a risolvere il mistero: ci sono decine di libri e video.

Ma la storia dell’MH 370 è così vasta (basta guardare quanto è lungo questo articolo) che ricostruire tutti gli aspetti, i dati e le teorie è praticamente impossibile. E Netflix ha dovuto scegliere le storie più semplici da raccontare, ma anche più avvincenti per gli spettatori.

E ha quindi indirizzato il racconto, dal primo minuto, sulle teorie di alcuni esperti che non sempre sono tali, ma sicuramente “funzionano bene” in tv.

Se avete visto il documentario di Netflix, allora sapete che si concentra su tre teorie principali:

  1. suicidio del pilota;
  2. dirottamento;
  3. abbattimento.

La teoria sul dirottamento è sostenuta da Jeff Wise, giornalista di aviazione che ha perso credibilità nel corso degli anni. Nel documentario compare anche un sedicente “avventuriero” che sostiene di trovare pezzi del volo MH 370 praticamente ovunque vada.

Ho riorganizzato le molte teorie di cui parla questo articolo proprio per rispondere al documentario di Netflix. Iniziamo dal suicidio del pilota, che è di gran lunga l’ipotesi preferita nei forum online.

Cerchiamo di capire meglio chi c’era sull’aereo: in cabina e non solo.

Il comandante del MH370 e il co-pilota

Zaharie Ahmad Shad, il comandante

Il personaggio più attenzionato dell’equipaggio è il comandante Zaharie Ahmad Shah: un veterano con 80mila ore di volo alle spalle. Le teorie più accreditate sul volo MH370 lo indicano come l’autore di un omicidio-suicidio o di un dirottamento.

I sospetti internazionali si sono rapidamente concentrati su di lui. La sua abitazione è stata perquisita dalla polizia malese già il 10 marzo 2014, due giorni dopo la scomparsa del volo.

Una ipotesi fantasiosa riguarda la sua vita sentimentale piuttosto movimentata. Nelle prime settimane di mistero, qualcuno ha ipotizzato uno spettacolare e drammatico suicidio, ignorando il fatto che suicidarsi per amore, senza farlo sapere alla propria amata per causarle dolore, non ha alcun senso.

A gettare qualche ombra sul comandante è invece il suo simulatore di volo: il pilota era infatti così appassionato di volo che si era costruito un simulatore in casa. I report ufficiali dicono che nella memoria del simulatore siano state trovate decine, se non centinaia, di rotte simulate.

E circa cinque settimane prima di sparire nel nulla a 11 chilometri di altitudine Zaharie Ahmad Shah aveva simulato almeno un atterraggio a carburante esaurito, praticamente in picchiata, nell’Oceano Indiano Meridionale.

In realtà, sul simulatore sono stati trovati molti altri percorsi curiosi e bizzarri, compreso un atterraggio alla base militare americana Diego Garcia (oggetto di una teoria del complotto tutta sua, ne parleremo dopo).

Secondo parenti e amici, che non sono sicuramente testimoni oggettivi, Zaharie Ahmad Shah era semplicemente innamorato del proprio lavoro. La polizia malese ha dichiarato che il pilota non aveva avuto comportamenti sospetti e che nulla farebbe pensare a collegamenti con il terrorismo islamico.

Chi sostiene l'innocenza di Zaharie Ahmad Shah formula due ipotesi sui dati del simulatore:

  • era un pilota talmente entusiasta e curioso che amava cimentarsi in situazioni di volo estreme, ma solo sul simulatore;
  • i dati del simulatore sono stati manomessi dalle autorità per incolpare il pilota e nascondere una verità molto più scomoda. 

Fariq Abdul Hamid, il co-pilota

Il co-pilota del volo MH370 era Fariq Abdul Hamid. Di lui sappiamo qualcosa di incredibile, riportato dal Daily Mail del 12 aprile 2014: 1 ora e mezza dopo la scomparsa del volo, Fariq ha provato a telefonare dal suo cellulare.

Una telefonata in piena notte, lo ricordiamo. Il segnale del cellulare sarebbe stato localizzato in una stazione di Penang, nello stretto di Malacca, ma il contatto è stato perso molto rapidamente. Analizzando i dati sul brevissimo contatto tra il cellulare del co-pilota e la stazione di telefonia mobile di Penang, alcuni consulenti dei governi hanno stabilito che il volo stava volando a meno di 7.000 metri di altitudine.

Se vi state chiedendo a chi fosse diretta la telefonata, le Autorità non lo hanno reso noto. Alcune fonti, riportare sempre dal Daily Mail, precisano che il segnale proverebbe solo che il co-pilota aveva acceso il proprio cellulare e non necessariamente che abbia tentato di chiamare qualcuno.

In ogni caso la domanda è: chi e perché ha acceso il cellulare del co-pilota dopo 90 minuti di volo in incognito?

Questo indizio è stato completamente ignorato dal documentario di Netflix. 

Fariq Abdul Hamid era nato nel 1987. Era entrato nella Malaysia Airlines a 20 anni ed è scomparso all’età di 27 anni. Di lui sappiamo che aveva fatto un percorso di formazione normale, aveva 2.700 ore di esperienza di volo ma era solo al suo sesto viaggio su un 777, ed era il primo in assoluto senza supervisione.

Questo può insospettire, ma in realtà molti professionisti del settore aereo hanno dichiarato alla stampa che la relativa inesperienza non era certo un problema, soprattutto di fianco a un pilota esperto come Zaharie.

Sarebbe stato Fariq a pronunciare il “tutto bene, buona notte” 12 minuti prima che il sistema di comunicazione dell’aereo venisse spento. Gli amici lo hanno descritto come religioso e serio, intenzionato a sposarsi con una pilota di un’altra compagnia aerea.

Anche Fariq è stato oggetto di storie diffamanti. In un programma TV australiano, una donna sudafricana, Jonti Roos, ha affermato che Fariq e un altro pilota hanno invitato lei e una sua amica in cabina durante un volo nel 2011. Fariq avrebbe fumato con loro in cabina, flirtando mentre l’aereo era in volo. Le accuse erano suffragate dalla fotografia della donna, in posa nella cabina. La Malaysia Airlines si è detta scioccata dalle accuse e ha aperto un’inchiesta sul comportamento del co-pilota.

Fariq Hamid non ha ovviamente avuto modo di difendersi e di fornire la propria versione dei fatti.

Secondo il documentario YouTube Lost flight MH370 un pilota (di cui non sono note le generalità) avrebbe contattato l’aereo malese, su richiesta del controllo del traffico aereo di Ho Chi Minh City, alle 1:30. E avrebbe parlato proprio con Fariq Hamid: non ne è però certo, a causa del segnale disturbato, che gli avrebbe fatto sentire solo dei mormorii non distinguibili. Che non suonavano però allarmati. E non erano neppure riconoscibili come un “mayday”.

Anche questa fonte, inoltre, è rimasta anonima.

Gli altri passeggeri del volo MH 370

Quante volte avete preso un aereo e vi siete chiesti, durante le operazioni di imbarco, chi siano i vostri compagni di viaggio? Nell'attesa li avete guardati con curiosità, avete notato che libro leggevano, se erano nervosi o rilassati. Su Instagram c'è una lunga serie di meme e di video sulle airport crush, persone di cui ci invaghiamo mentre siamo in attesa di imbarcarci e con cui immaginiamo una storia d'amore.

Con queste persone passiamo lunghe ore chiusi in un cilindro metallico volante. Alcuni ci risultano insopportabili e fastidiosi, di altri neppure ci accorgiamo. Una volta atterrati, però, ci dimentichiamo di tutti loro.

Ma quando avviene un incidente aereo, o quando un volo scompare nel nulla come in questo caso, le storie dei passeggeri diventano fondamentali per cercare di capire che cosa sia successo.

E i passeggeri dell’MH370, va detto, sono un vero campionario di storie interessanti, qualcuna incredibile.

A bordo del volo c’erano 227 passeggeri e 12 membri dell’equipaggio. Le due nazionalità prevalenti sono, come prevedibile, quelle del paese di partenza e di destinazione del volo: 153 cinesi (tra cui 19 artisti che rientravano da un tour in Malesia), 47 malesi (12 membri dell’equipaggio e 35 passeggeri), 6 australiani, 4 francesi, 3 americani e altri passaporti. Un mix di nazionalità.

volo mh370 vittime

Gli iraniani

E proprio parlando di passaporti vi presento i primi due passeggeri. Due iraniani che viaggiavano con passaporti falsi, comprati al mercato nero: un passaporto italiano e l’altro austriaco, che erano stati rubati in Thailandia e manomessi.

Ve li presento per primi perché meriterebbero sicuramente un approfondimento a parte. Parliamo di due emigranti clandestini che sono riusciti a imbarcarsi su un volo, nonostante i numeri identificativi dei passaporti che usavano fossero stati segnalati dall’Interpol alle autorità di tutto il mondo.

Parliamo di due ragazzi di 18 e 29 anni, entrati in Malesia con i loro passaporti iraniani.

Subito si è pensato che fossero collegati al terrorismo, ma non sono emersi indizi in questo senso. Il sospetto è che abbiano comprato i passaporti falsi a Kuala Lumpur. Ma non si sa purtroppo nulla di dove stessero andando e perché. Netflix ha ignorato la loro vicenda: è molto probabile che non abbiano alcuna responsabilità nella scomparsa dell'MH.

Ma pensa che sfiga: scappi dal tuo paese, arrivi a Kuala Lumpur, compri un passaporto falso per iniziare una nuova vita. E il tuo volo scompare nel nulla. Addio a tutti i tuoi sogni

Il personale della Freescale

Ci sono poi i dipendenti di una azienda, la Freescale Semiconductors. La versione ufficiale ci dice che stavano andando in Cina per partecipare a una conferenza. Erano tutti professionisti con grande esperienza e competenza nel mondo dei semiconduttori, anche applicati in ambito militare. E quattro di loro erano co-titolari di brevetti importanti e di grande valore economico. Anche in questo caso, come capite, ci sono molti elementi ghiotti per le teorie del complotto: ma ha senso fare scomparire un intero aereo per provare a impossessarsi di brevetti industriali? O forse qualcuno era a conoscenza di progetti militari segreti?

I lavoratori della Freescale sono un potenziale obiettivo, per chi sostiene che l'aereo sia stato abbattuto (ne parliamo dopo).

I russi

C’è un terzo gruppetto che ha attirato molta curiosità e che chiameremo “i tre russi”. In realtà sono due passeggeri con passaporto ucraino e uno con passaporto della Federazione Russa. I due ucraini risultavano ufficialmente essere lavoratori in un mobilificio la cui esistenza non è stata totalmente verificata (vedi l’ipotesi Il Complotto Russo più in basso). Nei forum online si segnala la difficoltà di trovare altreinformazioni su questi tre russi: forse erano solo delle persone comuni in vacanza.

Ma le teorie del complotto si sono occupati anche di loro. Soprattutto dopo l'esplosione del conflitto russo-ucraino.

Gli altri

Tra gli altri passeggeri, troviamo molte vicende di persone comuni finite loro malgrado in un evento che passerà alla storia dell’aviazione civile. I loro parenti si sono riuniti in un gruppo, il Voice 370, che ogni anno organizza una commemorazione a Kuala Lumpur e si batte perché siano riprese le ricerche di quel che resta dell'aereo.

Vediamo alcune storie rese famose dal documentario di Netflix.

Grace Nathan, che nel 2014 studiava legge all’Università di Bristol, nel Regno Unito, l'8 marzo 2014 ricevette una telefonata da sua madre Anne Daisy Nathan, che si sta affrettando per prendere il suo volo, proprio il MH370. Anne Daisy aveva trovato il tempo di fare una chiamata alla figlia. In una intervista al quotidiano britannico The Mirror, Grace ricorda quegli ultimi minuti di contatto. E come spesso accade a chi non sa dare una spiegazione alla scomparsa dei propri cari, la figlia sembra quasi cercare un segno del destino nei ricordi di quella telefonata. Ad esempio il fatto che la madre l’abbia salutata in modo inconsueto, con un “I love you”, che in italiano tradurremmo con “ti voglio bene”.

Una frase inusuale per la loro famiglia, che Grace stessa definisce fredda, e che con il senno di poi sembra appunto un presentimento. Cerchiamo tutti di dare un senso alle cose, in fondo. Sette ore dopo, Grace ricevette un’altra telefonata, questa volta dal padre, che le diceva di andare a Kuala Lumpur: il volo con sua madre a bordo era scomparso, ma non c'era bisogno di dirvelo.

Un altro dettaglio tragicamente ironico è che la madre di Grace avrebbe dovuto volare verso la Cina una settimana prima, ma rinviò il viaggio per prendersi cura della madre, ricoverata in ospedale. Inutile dire che Grace continua a combattere con tutte le sue energie perché le autorità riprendano le ricerche del volo MH370.

Va citato anche il francese Ghyslain Wattrelos, reso popolare dal documentario di Netflix: sul volo MH370 c’erano sua moglie Laurance, di 51 anni, e i loro due figli Hadrien, di 17, e Ambre, di 13. Tutta la sua famiglia, scomparsa nel nulla insieme all’aereo. E poi di Danica Week, rimasta vedova del marito Paul. Danica non dubita che il marito sia morto. Come molti parenti, ha bisogno di trovare l’aereo, di chiudere questa storia. Di sapere che fine ha fatto il suo Paul.

I risultati delle ricerche ufficiali

Ora che abbiamo visto chi c'era a bordo, possiamo tornare alle ricerche ufficiali. La "pista" del Golfo del Siam viene rapidamente abbandonata. Ormai è chiaro che l'aereo non si trova lì. Ma ha invece svoltato verso ovest. Torniamo al famoso "ping satellitare" che colloca l'aereo da qualche parte lungo un arco che spazia dal Pachistan all'Oceano Indiano Meridionale.

Stampatevi in testa questa mappa: quasi tutte le teorie del complotto collocano l'aereo, per una ragione o per l'altra, in uno di questi punti.

volo mh370 dove

Gli anelli con le possibili posizioni dell'aereo in base all'ultimo ping ricevuto dai satelliti

 

Le ricerche prendono il via nell’Oceano Indiano Meridionale, in un’area individuata dagli esperti di un team internazionale congiunto, che vede in prima fila Malesia, Cina e Australia. Si svolgono in un tratto di oceano ostile, spesso agitato, con gli strumenti più avanzati per scandagliare i fondali marini.

Le ricerche durano 1.046 giorni e non portano a nulla. Nessuna traccia, dopo avere speso circa 117 milioni di euro.

Il 17 gennaio 2017 Malesia, Cina e Australia decidono di mettere fine alle ricerche.

A un anno di distanza, il 2 gennaio 2018, si riaccendono le speranze quando un’azienda americana di robot sottomarini, la Ocean Infinity, trova un accordo con il governo malese per riprendere le ricerche. L’accordo fa notizia, perché la Ocean Infinity è talmente sicura di sé che accetta un contratto che prevede il pagamento di 70 milioni di dollari americani solo in caso di ritrovamento dell’aereo e delle scatole nere. L’operazione Ocean Infinity sembra una colossale operazione di marketing: le ricerche prendono il via il 21 gennaio 2018 con tanto di sito web che promette un aggiornamento costante sull’avanzamento delle ricerche. Dopo alcune settimane in cui il sito continua a informare che non ci sono risultati, si capisce che la missione è davvero impossibile. 138 giorni dopo, le ricerche si interrompono e la Ocean Infinity si ritira.

I report ufficiali

Nel frattempo, però, arrivano i resoconti ufficiali delle autorità coinvolte nella ricerca. Il report della Autorità australiana per la Sicurezza dei Trasporti, “The Operational Search for MH 370”, (d’ora in poi lo chiameremo solo “il Report Australiano”) descrive nel dettaglio tutte le fasi della ricerca. Contiene la frase emblematica con cui abbiamo aperto questo articolo:

Non è immaginabile né accettabile nell’era moderna che un aereo commerciale sia sparito nel nulla e che il mondo non sappia con certezza che cosa ne è stato del velivolo e dei passeggeri.

Nel Report Australiano troviamo tutti i dettagli delle operazioni: come le aree di ricerca siano state definite in base a dati satellitari e ipotesi. Mappe, numeri. Le navi utilizzate, gli strumenti in dotazione, le loro capacità. Persino i test: gli strumenti hanno trovato, in simulazione, dei semplici barili metallici buttati in fondo al mare. Difficile pensare che un aereo grande come un Boeing 777 possa essere sfuggito agli stessi strumenti. E durante le ricerche, sul fondale oceanico è stato trovato di tutto, compresi i relitti di quattro navi affondate chissà quando. Ma del Boeing della Malysian Airlines scomparso, nessuna traccia.

C’è un altro report interessante, quello malese. 495 pagine, diffuse a luglio 2018, che sostengono sostanzialmente la teoria del dirottamento volontario dell’aereo, portato fuori rotta e poi fatto schiantare. Non ci sono prove per indicare chi sia stato, ma il primo pensiero va al pilota. Il report malese segnala anche alcuni errori fatti dal controllo del traffico aereo a Kuala Lumpur e Ho Chi Minh City, indicando alcune raccomandazioni per evitare un incidente simile.

Viene un sorriso amaro, al pensare che il report contenga raccomandazioni per il controllo del traffico aereo a terra, quando un aeroplano è scomparso nel nulla in volo. Qualcosa di terribile è accaduto all’MH 370, ne siamo tutti certi, ma è accaduto in aria, non certo sulla terra.

Il report malese si conclude con due considerazioni: il Governo conferma la speranza di ritrovare l’aereo, ma riprenderà le ricerche solo in presenza di prove concrete e credibili che possano permette di identificare la specifica posizione dell’aereo. Senza possibilità reali di trovare l’aereo, non ci saranno altre richieste.

I rottami ritrovati del volo malese

Se le ricerche in mare non hanno portato a risultati, qualcosa di interessante è stato ritrovato sulle coste. Pezzi e frammenti del volo. Se ne occupano entrambi i report, con descrizioni interessanti delle analisi condotte.

Il 29 luglio 2019 sull’isola di Réunion viene trovato un flaperon, cioè uno dei pezzi dell’ala che vengono estesi per rallentare l’aereo e facilitare la fase di atterraggio. Grazie al numero seriale stampato sul flaperon, si è scoperto che era proprio uno dei pezzi del Malaysia Airlines 370.

volo malaysia ritrovato

Uno dei frammenti del MH370 ritrovati, esibito a Kuala Lumpur, nel 2019, durante la commemorazione delle vittime

Una prova fondamentale, per le ricerche: l’aereo è finito in mare. Probabilmente nell’Oceano Indiano. Altri pezzi vengono ritrovati nei mesi successivi in Madagascar, Sud Africa, Mozambico, Mauritius, Tanzania: quasi tutti provengono dalle ali, qualcuno dalla coda, un paio dalla fusoliera. E tutti i luoghi si affacciano sull’Oceano Indiano.

Il flap di Riunione

Il flaperon è il pezzo che più ci interessa. Ritrovato dopo 500 giorni dall’incidente, riportava molti segni del tempo trascorso in mare. Tra questi, diversi esemplari di Pedunculata, molluschi marini che hanno scelto il flaperon come loro nuova casa.

I ricercatori hanno avuto un’idea interessante per analizzare il pezzo. Visto che la composizione chimica delle conchiglie dei Pedunculata dipende dalla temperatura e dalla salinità dell’acqua in cui crescono, analizzando gli esemplari più vecchi si poteva forse avere un indizio sul punto di caduta dell’aereo, proprio in base alle caratteristiche dell’acqua nelle diverse aree dell’Oceano Indiano?

aereo malese conchiglie

Un dettaglio del report sui molluschi ritrovati sul flaperon e sulla composizione chimica delle loro conchiglie

Nel Report c’è tutta la descrizione dell’indagine, ma potete immaginare l’esito: nessun risultato rilevante. L’area di possibile caduta del volo MH 370 è molto ampia e le temperature sono troppo variabili al suo interno.

Sul flaperon c’è l’ennesimo mistero: era infatti ricoperto di Peduncolata su tutti i lati. Ma, sottoposto a un test di galleggiamento, galleggiava: qualche commentatore online sostiene che la parte rivolta verso l’aria avrebbe dovuto essere priva di molluschi. E che, quindi, il flaperon sia stato “ricostruito” ad arte per insabbiare la ricerca del volo.

I rottami sono nell'Oceano Indiano

Tutti i pezzi certamente attribuibili al MH370 sono stati ritrovati in Africa Orientale. Intense ricerche sono state fatte da subito anche in Australia: alla ricerca hanno partecipato gruppi di volontari che si sono uniti ad altri cittadini che danno una mano per tenere pulite le spiagge. Hanno trovato molti frammenti, ma nessuno che fosse senza ombra di dubbio un pezzo dell’aereo malese. Persino un pezzo metallico che sembra proprio parte di un aereo, tanto da riportare la classica scritta “no step” presente sulle ali, è stato scartato: il carattere utilizzato non è infatti quello degli aerei della Malaysia Airlines. Viene da un altro aereo: altro mistero.

In totale, in questi anni, sono stati ritrovati 33 frammenti, di varie dimensioni, attribuiti al Boeing 777 scomparso. Sono stati trovati in sei Paesi diversi, tutti compatibili con l’ipotesi di uno schianto nell’Oceano Indiano. Ci sono anche altri frammenti, su cui però mancano certezze.

Secondo Charitha Pattiratchi, che insegna Oceanografia alla University of Western Australia, i pezzi ritrovati confermano sicuramente che lo schianto è avvenuto nell’Oceano Indiano. E questo sarà molto utile per alcune teorie del complotto.

Le teorie sulla scomparsa del volo MH370

La teoria del volo fantasma

Sul volo malese scomparso non ci sono certezze, ma c’è una teoria consolidata. Qualcosa a bordo è andato storto, il volo è proseguito senza controllo finché ha esaurito il carburante ed è caduto in mare.

Un “volo non controllato”, in inglese ghost flight, volo fantasma. Ne abbiamo avuto un esempio clamoroso anche in Europa, nel 2005, con il volo Helios Airways da Cipro a Praga (con scalo ad Atene): per una serie di errori umani, aggravati dalla carenza di ossigeno, il sistema di pressurizzazione non si avviò. Equipaggio e passeggeri rimasero senza ossigeno. Privi di conoscenza, rimastero ai loro posti: il pilota automatico continuò a fare volare in tondo l’aereo nelle vicinanze di Atene. Poi, esaurito il carburante, l’aereo precipitò.

C’è un dettaglio terribile anche in questa storia, perché un assistente di volo si accorse di quanto stava accadendo e, indossando una bombola di ossigeno di emergenza, restò cosciente e tentò inutilmente di salvare il volo in extremis.

E dove sarebbe andato, questo volo fantasma? Verso sud, per la versione ufficiale. Il famoso arco tracciato dai dati satellitari ipotizzava anche destinazioni come Cina, Pakistan, Kazakistan, India, Afghanistan, addirittura il Medio Oriente. Ma se nessun radar e nessun sistema di controllo ha visto l’aereo, l’unica destinazione è il mare aperto, verso sud. E anche su questa posizione netta delle autorità, le teorie del complotto si scatenano.

Anche perché per finire in mare aperto, l’MH370 ha dovuto avvicinarsi allo spazio aereo di diversi Paesi. In una parte del mondo in cui le tensioni politiche non mancano, possibile che nessuna base militare, nessuna nave da guerra, nessun satellite, niente e nessuno abbia visto e sentito un aereo lungo 73 metri, con un’apertura alare di 64 e soprattutto due motori a turboventola?

E se anche il volo fantasma è l’ipotesi più accreditata, restano i dubbi sulle cause che hanno portato a un ghost flight. Incidente o atto volontario?

Il guasto: l’ammaraggio di emergenza

I pezzi ritrovati ci dicono che l’aereo dovrebbe essere precipitato nell’Oceano Indiano. In Internet sono in molti a ipotizzare che, per una qualunque ragione tutta da accertare, l’aereo non sia precipitato in mare senza controllo ma qualcuno abbia tentato un ammaraggio. Qualcuno di molto esperto ai comandi.

A vantaggio di questa ipotesi ci sono proprio i frammenti ritrovati: appena qualche decina, a distanza di anni. Se l’aereo fosse precipitato senza controllo, si sarebbe distrutto in tanti pezzi. Dopo un ammaraggio ben fatto, invece, persino con il carburante esaurito, la fusoliera potrebbe essere rimasta quasi intatta, affondando per intero. Solo alcuni pezzi della coda e delle ali potrebbero essersi staccati, finendo in balia dei capricci delle correnti.

L’ultimo segnale satellitare del MH370 è alle ore 08:11 del fuso malese: nell’area di ricerca il sole era quindi sicuramente sorto. Il pilota poteva vedere il mare sotto di sé. Un ammaraggio con buona visibilità e mare calmo non è impossibile.

Il Report Australiano dice però che

tipo, dimensioni e origine dei resti del volo ritrovati fanno pensare a un impatto molto forte, non compatibile con un ammaraggio controllato

Questo vale anche per il flaperon ritrovato in Tanzania: secondo gli esperti non era stato esteso nella posizione richiesta per un tentativo di ammaraggio. Uno schianto, quindi?

La teoria del pilota suicida

A marzo 2020, l’ex primo ministro australiano Tony Abbott si è detto convinto che il pilota dell’MH370 si sia suicidato, portando allo schianto in mare del volo e uccidendo tutti i passeggeri. Tony Abbott ha anche affermato che le autorità malesi erano della stessa opinione. 

Un atto volontario del pilota è da sempre una delle teorie più diffuse (e francamente convincenti) sulla scomparsa del volo MH370. Abbiamo visto come il comandante del volo malese, Zaharie Ahmad Shad, si dilettasse a provare molte rotte curiose sul suo simulatore di volo casalingo. Tra queste, c’è una rotta che porta l’aereo a esaurire il carburante nell’oceano Indiano.

Ecco quindi l’idea: il comandante ha scelto una forma drammatica di omicidio-suicidio. Come fatto dal copilota Andreas Lubitz sul volo Germanwings 9525, che si è suicidato portando il suo aereo a schiantarsi sulle Alpi francesi e uccidendo con sé 150 persone.

La teoria del pilota suicida ha diverse varianti:

  • il pilota avrebbe depressurizzato la cabina per stordire e uccidere i passeggeri, volando in solitaria;
  • i passeggeri si sarebbero accorti solo molto tardi del problema (era un volo notturno, su cui generalmente si dorme), precipitando in preda al terrore;
  • il co-pilota si sarebbe opposto in una lotta all’interno della cabina.

Le principali differenze riguardano le ragioni del gesto del pilota: terrorismo islamico; depressione; delusione amorosa; semplice simulazione e sfida alle proprie capacità di volo.

Il Report australiano cita la “rotta suicida” nel simulatore del pilota, sottolineando che coincideva solo in parte con quella poi ipotizzata per il volo MH370 e che la quantità di carburante alla partenza del volo era diversa da quella prevista nella simulazione. Il volo suicida simulato era diverso da quello reale, insomma.

Resta comunque valida la domanda: un pilota con 80.000 ore di volo che bisogno ha di simulare una rotta in mare aperto? Ha tutte le competenze per fare schiantare un aereo senza simulazioni: sarebbe forse più plausibile la volontà di sfidare se stesso simulando un ammaraggio in condizioni assolutamente proibitive?

L’ipotesi terrorismo viene considerata poco percorribile. L’adesione di un pilota di una linea aerea nazionale alla causa terroristica sarebbe probabilmente seguita da una rivendicazione ufficiale, magari con video del terrorista in stile Isis: un piano organizzato avrebbe avuto, in questo caso, un impatto molto maggiore. Ma anche in questo caso è solo una ipotesi.

Le autorità malesi ritengono che il pilota fosse al di sopra di ogni sospetto di terrorismo.

2021: il complotto del missile

L’ultima teoria del complotto sul volo mH370 è datata febbraio 2021. In quel mese è uscito il 130esimo libro sulla scomparsa dell’aereo: The Disappearing Act: The Impossible Case Of MH370. È un libro che attira l’attenzione per due ragioni: è scritto da una giornalista di inchiesta accreditata e sostiene un’ipotesi radicalmente nuova.

Questa è la teoria che sembra più accreditata nel documentario di Netflix: il volo MH370 sarebbe stato intenzionalmente abbattuto sopra il Vietnam.

L’autrice dell'inchiesta è la giornalista Florence de Changy, che cita fonti di intelligence non meglio specificate. L’aereo è stato abbattuto, dice, ma non si sa se per un incidente o per un attacco pianificato. E non ha certezze neppure su come è stato abbattuto: un colpo sparato da un aereo da guerra, un missile terra-aria, oppure una nuova, misteriosa arma laser in sperimentazione nel sud est asiatico in quel momento.

Altro colpo di scena nel libro: il volo sarebbe stato abbattuto al largo del Vietnam. La versione ufficiale, che parla di un’inversione a U poco prima di entrare nello spazio aereo vietnamita e di ore di volo “fantasma” fino a schiantarsi nell’Oceano Indiano Meridionale, sarebbe solo una copertura.

Ci sarebbero anche delle prove, mai diffuse e difficilissime da trovare. Delle conversazioni tra l’equipaggio dell’aereo, le torri di controllo e altri aerei, avvenute tra il decollo del volo e la sua scomparsa. Una fonte anonima dei servizi avrebbe detto a Florence de Changy che “due aerei americani” si sono avvicinati all’MH 370 tra le ore 1:21 e le 2:25. Non si sa altro, di questi aerei.

Un secondo aereo civile avrebbe avuto un contatto radio con l’MH 370 alle 1:30, quindi 11 minuti dopo il famoso “buona notte”. L’equipaggio del secondo aereo non avrebbe percepito segnali di qualcosa di anomalo a bordo. Né paura, né rabbia.

Ma ci sono due “prove nascoste” particolarmente scottanti. La prima è la trascrizione delle conversazioni che il volo MH 370 ha avuto con il controllo del traffico aereo di Ho Chi Minh City e con quello di Kuala Lumpur. Al controllo vietnamita, l’aereo avrebbe annunciato che stava per atterrare. Un secondo messaggio analogo sarebbe stato rivolto, alle 2:37 del mattino, a Kuala Lumpur “stiamo atterrando…” ma, guarda caso, proprio la località sarebbe risultata incomprensibile. E da Kuala Lumpur avrebbero chiesto di ripetere il messaggio: “Say again. Say again for Malaysian 370.” Nessuna risposta.

Secondo il libro, il volo si sarebbe trovato a quel punto vicino a Da Nang, sulla costa vietnamita. Lontanissimo da dove è stato cercato. Dobbiamo segnalare un punto debole, in questa presunta prima prova: gli aerei non si limitano a comunicare che stanno atterrando. Chiedono l’autorizzazione all’atterraggio, che se concessa indica a quali altitudini portarsi gradualmente prima di tornare a terra.

La seconda prova nascosta potrebbe spiegare il perché di questo messaggio anomalo. Si tratterebbe di un audio, pare ancora reperibile su un non meglio precisato sito web di Taiwan. Contiene una comunicazione radio dall’equipaggio (non si sa se del comandante o da altri), inviata alle ore 2:43: “la cabina si sta disintegrando, procediamo a un atterraggio di emergenza”. Un pilota della Vietnam Airlines avrebbe dichiarato di avere sentito questo messaggio radio mentre era in volo.

E Peter Chong, amico del pilota Zaharie Ahmad Shah, ha dichiarato di avere sorvolato il golfo della Thailandia qualche giorno dopo la scomparsa del volo e di avere visto molti mezzi navali sulla superficie del mare, in quella che sembrava un’operazione di ricerca. Al largo del Vietnam, però, non nell’Oceano Indiano.

È facile capire perché una versione così radicalmente diversa da quella ufficiale, scritta però da una giornalista di tutto rispetto, abbia attirato tanta attenzione. Si accusano esplicitamente i governi, tutti i governi, di avere coperto la verità. Uno dei depistaggi più complessi e sofisticati della storia recente. L’obiettivo di questa trama oscura sarebbe nascondere il fatto che il volo malese scomparso è stato abbattuto.

E perché lo hanno abbattuto? Perché trasportava qualcosa che non doveva. Qui Florence de Changy si rifà alla “teoria dei mangostani”, tra le più pittoresche piste complottistiche che riguardano l’MH 370. A differenza dei sostenitori della teoria (che trovate comunque descritta in seguito) Florence non pensa che il carico di mangostani e quello di batterie agli ioni di litio siano entrati in contatto nella stiva, provocando un incendio o un’esplosione.

Merce di contrabbando o peggio?

La de Changy ritiene che l’aereo stesse trasportando merci illecite, qualcosa di molto pericoloso e di non autorizzato. I documenti ufficiali dicono che il volo MH 370 stava trasportando 5 tonnellate di mangostani e 220 kg circa di batterie. La giornalista francese sostiene che i documenti siano stati falsificati e che nei contenitori della merce ci fosse altro.

Kuala Lumpur è uno degli snodi del contrabbando tra Africa e Cina. Scorrendo i documenti dei voli tra la capitale malese e Pechino prima e dopo la scomparsa dell’MH370, Florence de Changy ha scoperto che le spedizioni di mangostani freschi verso la Cina sono praticamente giornaliere. Ed evidenza che quelle cinque tonnellate sembrano parecchie, per una merce che viene rifornita ogni giorno.

Possibile che in realtà l’aereo scomparso non stesse trasportando frutta fresca e materiale elettrico, ma qualcosa d’altro? Qualcosa di così pericoloso da spingere due aerei da guerra americani ad affiancare il volo, costringerlo ad atterrare oppure, cosa ancora peggiore, fino ad abbatterlo?

O forse i caccia USA stavano scortando il volo MH370 e l’aereo è stato abbattuto da terra, dalle forze di un altro Paese, tramite un missile? La de Changy si spinge a ipotizzare l’uso di una misteriosa arma laser in fase di test.

I punti deboli

Questa storia dell’arma laser è uno dei punti deboli, a mio parere, dell’inchiesta. Un altro punto debole è il misterioso carico dell’aereo, qualcosa di così spaventoso da convincere le grandi potenze ad abbattere un Boeing e a coprire l’accaduto.

Ricordiamo che se vogliamo credere alla versione di Florence de Changy, allora dobbiamo credere a un complotto internazionale, su larga scala. Se l’aereo è stato abbattuto per impedire che qualcosa arrivasse a destinazione, chi era il destinatario? Un Paese sovrano non avrebbe forse denunciato il complotto? Oppure il carico era così orrendo e inconfessabile che tutti hanno preferito tacere?

Il presidente degli USA, nel 2014, era Barack Obama. La situazione internazionale vedeva la trattativa con l’Iran sul nucleare (tornano gli iraniani) e l’Isis avviava una tremenda fase di espansione e di terrore, dopo anni di guerra civile siriana.

Insomma, che cosa diavolo c’era, su quell’aereo?

Nel proseguire di questo articolo vedremo altre teorie del complotto che sostengono che il volo è stato abbattuto, per le ragioni più varie. Dobbiamo però ricordarci di quanto affermato dalla professoressa di oceanografia della University of Western Australia, Charitha Pattiratchi, che ha definito infondata l’ipotesi di Florence de Changy, ricordando una delle poche prove concrete che abbiamo per capire che cosa è successo al volo MH 370. I resti ritrovati.

I rottami sono arrivati tutti a riva nell’Oceano Indiano e i modelli delle correnti marine permettono di ipotizzare che l’aereo si sia frantumato da qualche parte in quell’Oceano. La pista vietnamita porta a Da Nang, che si affaccia sul Mar Cinese Meridionale (collegato all’Oceano Pacifico) oppure nel Golfo del Siam, che è un mare circondato dalla terraferma per buona parte dei suoi lati.

Se i rottami ritrovati sono dell’MH370, allora l’aereo non può essere stato abbattuto in Vietnam. A meno che, ovviamente, non si vuole credere a un complotto così esteso e sofisticato da prevedere il ritrovamento di pezzi di un Boeing 777 della Malaysian Airlines in diverse località africane a distanza di anni dall’incidente.

La Teoria dei Mangostani

mh370 mangosteen

Ne abbiamo appena parlato e quindi approfondiamo subito la teoria del carico dei mangostani. Teoria, peraltro, analizzata nel dettaglio nel Report Malese e definita come infondata.

I mangostani sono un frutto molto diffuso in Asia, che i turisti possono avere conosciuto con il nome inglese di mangosteen.

La teoria dei mangostani riguarda il carico nella stiva dell’aereo, che trasportava, tra le altre merci, 5 tonnellate di mangostani e 221 kg di batterie al litio. Il succo di mangostano viene proposto da molti siti internet come rimedio naturale (e costoso) alle patologie più varie. Ma se, per qualunque ragione, il succo dei mangostani freschi fosse entrato in contatto con le batterie a ioni, forse la sua acidità potrebbe avere scatenato una reazione nelle batterie, che ha portato a un incendio a un’esplosione?

La teoria dei mangostani si adatta a spiegare sia un incendio a bordo, con rapida invasione della cabina da parte del fumo e la perdita di coscienza di passeggeri ed equipaggio (secondo il modello del ghost flight) sia un’esplosione che può avere causato un guasto totale ai sistemi di bordo, portando il pilota a vagare nella notte alla ricerca di un aeroporto per poi atterrare, sfinito e senza carburante, nell’Oceano Indiano.

Il mangostano è un frutto ottimo e consigliabile, ma la teoria è stata smontata dai report ufficiali, per altro con spiegazioni abbastanza solide: i due carichi erano impacchettati separatamente e risultano diversi voli in cui le due tipologie di merci erano contemporaneamente presenti in stiva, senza che si siano verificati incidenti.

Va detto, però, che anche in questo caso la gestione dell’aeroporto malese ha lasciato a desiderare. Il carico di batterie sul volo MH370, infatti, non era stato sottoposto ai raggi X perché troppo ingombrante. E dire che pesava solo 220kg.

La teoria delle batterie al litio

mh370 cargo batterie

La versione semplice della teoria dei mangostani. Come già visto, il volo MH370 trasportava un carico di batterie al litio, prodotte nello stabilimento Motorola Solutions di Bayan Lepas.

Come confermato da comunicazioni e avvisi della FAA (Federal Aviation Administration) e della Boeing, le batterie agli ioni di litio non dovrebbero essere trasportate nella stiva degli aerei passeggeri. Il rischio è che esplodano, esponendo passeggeri ed equipaggio a rischi davvero importanti.

Anche qui, l’evidenza dei fatti dimostra che trasporti analoghi erano stati effettuati diverse volte. Il mancato rispetto delle raccomandazioni di FAA e Boeing, invece, è un’altra storia.

Atto di terrorismo?

Ci sono diverse teorie legate a un attentato terroristico sul volo mH370. Ve ne abbiamo riassunte alcune.

Qualcuno ha dirottato l’aereo per farlo precipitare in mare. Alcuni gruppi terroristici minori hanno diffuso rivendicazioni relative al volo malese scomparso. Le autorità non le ritengono particolarmente attendibili, anche per la modalità inedita dell’attentato. I principali indiziati sono i due iraniani.

Altra ipotesi legata al terrorismo: l’aereo è stato dirottato e non è mai precipitato. Un pilota esperto lo ha portato fino in Afghanistan o in Pakistan, per poi utilizzarlo in un secondo momento per un attacco in stile 11 settembre. Questa teoria, a distanza di 7 anni, ha ormai perso tutta la sua già scarsa credibilità.

Altra ipotesi, si voleva imprigionare i passeggeri e chiedere un riscatto: un non meglio precisato “quotidiano russo” avrebbe scritto pochi mesi dopo la scomparsa che i prigionieri si trovano a Kandahar, in Afghanistan, e sono stati divisi in sette gruppi tenuti in pessime condizioni.

A sette anni di distanza, però, forse qualche rivendicazione ufficiale l’avremmo vista, nell’era di YouTube. Anche in questo caso i principali indiziati sono i due passeggeri iraniani.

La Pista Russa

La Pista Russa ha varie declinazioni. Tutte sono accomunate da un elemento: Putin e la Russia sono coinvolti con il dirottamento.

La teoria più articolata è quella di Jeff Wise, uno dei maggiori esperti sulla scomparsa del volo MH370. Wise veniva regolarmente intervistato dai principali canali di informazione internazionali sulla vicenda ed è arrivato alla sua teoria dopo mesi di discussioni e confronto online. E dopo avere pubblicato la sua teoria controversa, è stato escluso dai media di massa. Salvo poi essere ripescato come superesperto da Netflix.

In sintesi, Jeff Wise ritiene l’aereo non è andato verso sud, ma verso nord. Volando in prossimità dei confini tra uno stato e l’altro, sfruttando conflittualità e rivalità tra le diverse nazioni, sarebbe riuscito a eludere i controlli e ad arrivare arrivando al cosmodromo di Bajkonur, l’unica pista di atterraggio di dimensioni sufficienti per un Boeing 777 a trovarsi al di fuori del controllo diretto delle autorità aeroportuali civili. Si trova infatti in Kazakistan ed è gestita dall’Agenzia Spaziale Russa.

E russi erano anche i dirottatori: il cittadino russo e i due russi con passaporto ucraino, ve li ricordate? Jeff Wise ha lavorato a lungo per cercare di identificare queste persone e ha pubblicato tutti i dettagli nel suo sito. Viste le modalità del dirottamento dell’aereo, Wise dà per scontato che i tre russi appartenessero ai servizi segreti e che altri Paesi siano coinvolti nel complotto.

La domanda da porsi su questa teoria è ovvia: perché la Russia avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Nessuna risposta. Online si trovano alcune ipotesi, tra cui la presenza a bordo di qualcuno che andava eliminato e il desiderio di catturare i tecnici della Freescale, con le loro competenze e i loro brevetti.

L’ipotesi “brevetti sui semiconduttori”

Un complotto afferma che il volo MH 370 sia stato abbattuto o fatto sparire (resta da chiarire come, ma questa teoria si sofferma sul perché) in relazione ai brevetti dei lavoratori della Freescale. Con la loro scomparsa, infatti, l’azienda e i suoi azionisti possono beneficiare pienamente dei brevetti depositati sui semiconduttori Kinesis KL02.

Secondo un gruppo che si definisce parte di Anonymous (qui il video), il complotto sarebbe stato ordito da un membro della famiglia Rothschild (l’antisemitismo, nei complotti, non manca mai) tramite il Gruppo Carlyle. C’è un piccolo dettaglio: i dipendenti citati spesso in queste teorie non possedevano il brevetto sui semiconduttori. E indebolire un’azienda con migliaia di dipendenti uccidendone una ventina, tra cui nessun manager di prima e seconda linea, appare quantomeno deludente per un complotto interazionale.

MH370 e Diego Garcia

Ci sono poi le “teorie Diego Garcia”. Diego Garcia è una base aerea americana su un atollo britannico nelle Isole Chagos, in mezzo al niente dell’Oceano Indiano, indicativamente a sud delle Maldive. Tutte queste ipotesi tirano in ballo, a vari livelli, gli USA e i loro uomini presenti alla base Diego Garcia per spiegare la scomparsa del MH370.

Sui forum online in lingua cinese, ad esempio, almeno fino a qualche anno fa la teoria dell’atterraggio forzato a Diego Garcia era molto popolare. Si ipotizza che qualcuno a bordo, quindi un dirottatore, oppure i consueti jet militari americani, abbiano stretto il Boeing della Malaysia Airlines a cambiare la rotta e andare verso la base Diego Garcia. Anche in questo caso, l’obiettivo del piano era acquisire un oggetto oppure una persona di interesse.

Altre versioni seguono la pista del terrorismo. L’aereo è stato dirottato da terroristi che volevano farlo schiantare contro la base USA, che sembra un atollo sperduto in posizione strategica ma nasconderebbe installazioni segrete. Oppure l’obiettivo da colpire era un altro. Fatto sta che gli americani lo hanno abbattuto.

La Teoria delle Maldive

foto mh370

La teoria Diego Garcia trova sostegno in un’altra Teoria del complotto, quella delle Maldive. Alle 6:50 del mattino, ora maldiviana, quando l’aereo era scomparso ormai da diverse ore, molti abitanti di alcuni atolli delle Maldive sostengono di avere visto un aereo sorvolare la loro isola a quota molto bassa. Ovviamente, sarebbe l’MH370.

Il tempo di volo dal punto di scomparsa dell’aereo alle Maldive è di circa 4 ore e 40 minuti. Aggiungendolo all’ora della scomparsa, le 1:19, qualche internauta frettoloso ha diffuso la teoria delle Maldive, sostenendo che gli orari combaciano. Peccato che esistano i fusi orari.

Certo, può anche darsi che il volo MH 370 sia arrivato alle Maldive non volando in linea retta, ma con un percorso più articolato, che ha quindi richiesto più tempo. L’avvistamento è stato oggetto di inchieste e approfondimenti che hanno smontato la teoria, in base a poche, semplici prove:

  • l’aereo volava da nord ovest, mentre in teoria era in arrivo da est;
  • il carburante dell’aereo avrebbe dovuto esaurirsi almeno un’ora prima (il fuso orario, ricordate?);
  • se il volo MH370 ha volato in linea retta (e nessuno può saperlo) avrebbe dovuto trovarsi molto più a occidente;
  • la posizione dell’ultimo “ping” satellitare inviato in automatico dall’aereo non è compatibile con la sua presenza alle Maldive, a meno di ipotizzare una manomissione di quel segnale.

Sulla Teorie delle Maldive è tornato l’8 gennaio 2021 il quotidiano online Times of Addu. Che riporta le indagini dell’ingegnere Sergio Cavaiuolo, Senior System Engineer dell’azienda aerospaziale britannica BAE Systems, proprio sulle sorti del volo MH370. Le indagini sono in corso, ma il quotidiano maldiviano Mihaaru avrebbe ottenuto delle indiscrezioni direttamente da Caviuolo. Purtroppo, online abbiamo a disposizione solo il Times of Addu, non l’articolo originale del Mihaaru. E non abbiamo ancora avuto modo di verificare che Cavaiuolo abbia effettivamente dato delle dichiarazioni ai giornali maldiviani.

MH370: il complotto dei satelliti

Il “complotto dei satelliti” è una espressione con cui abbiamo riassunto una serie di teorie legate non tanto alle ragioni della scomparsa del volo, ma al depistamento delle indagini. Queste teorie accusano direttamente le grandi potenze mondiali: USA, Russia, Cina e così via. Tutte, tra l’altro, con passeggeri o interessi direttamente coinvolti in questa storia.

Secondo queste teorie del complotto, grazie ai satelliti in orbita intorno alla Terra, i governi di questi Paesi sanno perfettamente che rotta ha seguito l’MH370 e dove è precipitato. Ma nessuno può divulgare queste informazioni senza ammettere di possedere dei satelliti spia di cui nessuno, ufficialmente, conosce l’esistenza.

Diffondere la verità, qualunque essa sia, significherebbe perdere un vantaggio strategico. 

MH370 e MH17

Questa è una teoria del depistaggio delle indagini particolarmente macabra.

A luglio 2014, a pochi mesi dalla scomparsa del volo malese, la compagnia Malaysia Airlines ebbe un altro tragico giorno. Il volo MH17 venne abbattuto da un missile militare mentre sorvolava l’Ucraina orientale, dove era in corso una guerra civile tra l’esercito ucraino e le milizie di etnia russa.

Una teoria del complotto afferma che l’aereo abbattuto in Ucraina fosse in realtà lo stesso velivolo scomparso. Simulando l’abbattimento, le grandi potenze (qui la pista seguita è chiaramente quella russa, per contiguità territoriale) avrebbero eliminato le prove dei non meglio precisati atti compiuti sul volo MH 370.

mh17 mh370

Il punto più debole di questa teoria è nei fatti: l’MH17 era sì un Boeing 777, ma nella versione 1997, più vecchia rispetto al Boeing MH 370. In particolare, l’MH17 aveva un finestrino in più vicino alla porta di emergenza di destra sulle ali, cosa che invece il modello vecchio non aveva. Secondo i complottisti, le foto dell’incidente mostrano un modello di aereo più recente. Secondo gli oppositori della teoria, invece, il secondo finestrino si vede chiaramente nelle foto dei rottami.

Ci si mette anche un sedicente leader pro-Russia in Ucraina, che sostiene su internet che i corpi ritrovati erano morti da molti giorni.

Possibile che l’aereo introvabile sia riuscito, chissà come, ad arrivare in Europa e, a sei mesi dalla scomparsa, a sostituire l’aereo in partenza da Amsterdam, un aeroporto con standard di sicurezza europei, decollando pieno di cadaveri solo per farsi abbattere sull’Ucraina? Per coprire quale piano, esattamente?

MH370: teorie e complotti minori

Ecco un elenco rapido di teorie e complotti minori sulle sorti del volo malese, che riportiamo rapidamente senza approfondirle troppo (capirete facilmente il perché):

  • Un passeggero ha fatto cadere l’aereo per provocare o simulare la propria morte e permettere alla famiglia di incassare una polizza sulla vita;
  • La Corea del Nord ha abbattuto l’aereo per testare una nuova arma (al laser, possibilmente) e/o eliminare i passeggeri della solita Freescale Conductor;
  • Gli americani hanno abbattuto l’aereo per impedire ai tecnici della Freescale Conductor, o ad altre persone sull’aereo, di partecipare al programma nucleare della Nord Corea;
  • Il volo MH370 è atterrato in emergenza alle Andamane: arcipelago sotto il controllo indiano. Sulle 500 isole, solo 37 sono abitate. I passeggeri vivrebbero lì, stile Lost, e nessuno li ha ancora trovati;
  • L’aereo malese si è “nascosto” nella scia di un altro aereo, per la precisione della Singapore Airlines, volando a circa 100 metri da esso, per sfuggire ai radar. Ma per andare dove e per quale motivo? Questa teoria si ricollega ad altre per scopi e destinazioni: terrorismo, semiconduttori, rapimenti etc., con atterraggi in Pakistan, Afghanistan, Kazakistan e Paesi limitrofi;
  • Il volo MH370 è scomparso in una sorta di “Triangolo delle Bermuda” asiatico;
  • Aereo e passeggeri sono stati rapidi dagli alieni;
  • Il Boeing malese è stato abbattuto per sbaglio dalla marina cinese nel corso di una esercitazione navale in corso nell’area (qui potremmo ritrovare tracce della misteriosa arma laser).

Il foto-messaggio di Philip Wood

Questa storia incomincia nel 2014, a poco tempo dalla scomparsa del volo. Jim Stone, un giornalista freelance americano, sostiene di avere ricevuto un messaggio, accompagnato da una foto completamente nera, da Philip Wood, uno dei passeggeri americani del volo MH370. Il presunto messaggio di Wood dice:

“Sono stato preso in ostaggio da dei militari subito dopo il dirottamento dell’aereo. E bendato. Mi hanno separato dal resto dei passeggeri e sono in una cella. Mi chiamo Philip Wood. Penso mi abbiano drogato e non riesco a pensare chiaramente”.

Esaminando i dettagli della foto (il classico “click” con il tasto destro) risulterebbero una serie di dati, tra cui le coordinate del luogo in cui è stata scattata la fotografia: ovviamente, la base Diego Garcia. La famiglia di Philip Wood apparentemente ci crede. Ma perché mai un prigioniero in una base militare americana ipersorvegliata dovrebbe avere uno smartphone (il messaggio originale, reperibile in inglese, spiega che se lo era nascosto nell’ano), scattare una fotografia completamente nera e poi mandare foto e messaggio a un giornalista freelance?

Se aveva in mano un cellulare (come) perché non chiamare casa? O contattare qualcuno di particolarmente autorevole e famoso? In grado di farsi ascoltare? Il freelance Jim Stone è un appassionato di temi “controversi”: aveva sostenuto, ad esempio, che il terremoto di Fukushima (quello dello tsunami nel 2011) è stato causato da due mini-bombe atomiche, di fabbricazione israeliana, per punire il Giappone per la sua collaborazione con la Corea del Nord. Il mandante? Gli Illuminati.

A distanza di 7 anni, di questa teoria non resta nulla altro che qualche vecchia pagina web.

Troveremo mai il volo MH370?

Continueremo ad aggiornare questo articolo con le ultime notizie sul volo MH370. Ma è ormai il caso di chiedersi, a distanza di 7 anni, se sapremo mai la verità su quello che è successo al volo MH370. Le scatole nere hanno smesso dopo pochi mesi di inviare il segnale che consente di ritrovarle. E quello che resta dell’aereo, con tutto il suo metallo, giace in qualche punto del fondo marino che non siamo ancora stati in grado di trovare.

Anche se scegliessimo di credere a una delle teorie del complotto, scartando l’ipotesi del fondo oceanico, ormai neppure i parenti delle vittime credono di potere, un giorno, ritrovare i loro cari. Si accontenterebbero, semplicemente, di scoprire la verità sulle loro ultime ore di vita. Servirebbe a tutti, anche per chiarire finalmente il ruolo dell’equipaggio, degli iraniani, dei russi, dei dipendenti della Freescale Semiconductors e di tutte le persone comuni a bordo di quel volo, diventate loro malgrado i protagonisti di un mistero così affascinante.

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